Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Vitello tonnato - Storia e ricette

Per comprendere le vicende dalla ricetta del vitello tonnato, deve essere subito chiaro che in origine il tonno non entrava affatto nella preparazione e che la parola tonnato ha una diversa origine, facilmente individuabile.
La produzione di cibi in scatola iniziò con l'invenzione dal francese Appert (1810), che però usava recipienti di vetro; l'invenzione fu subito perfezionata dall'inglese Peter Durand il quale introdusse come contenitore le latte di metallo. Furono poi Dorkin e Hall a dare inizio alla produzione in scala industriale di cibo confezionato con questo metodo, diventando fornitori di alimenti conservati per l'esercito e la marina inglese.
Fin dal XV secolo si produceva tonno salato o, più raramente, sottolio, conservato in barili. Poco dopo furono i Genovesi ad intuire le potenzialità di questo sistema e ad applicarlo alla conservazione del tonno che divenne subito largamente utilizzato nelle numerose tonnare da essi controllate in Nord Africa, Spagna, Portogallo e Italia.
Nel 1853, a Torino, Giuseppe Lancia riuscì a fare delle scatole con pareti più sottili ed inventò un sistema per aprirle più facilmente. Fu così che il “bue in scatola” di Vincenzo Lancia non solo accompagnò i soldati piemontesi durante tutta la guerra di Crimea ma alla fine fu anche scelto dai francesi e dagli inglesi perché migliore e di più facile approvvigionamento.
Circa nel 1860 Gaetano Valazza, titolare di una salumeria a Torino, aprì a Porto Torres, in Sardegna, una fabbrica di conserve di pancia di tonno, conservata in scatole di latta, in commercio dal 1868. Erano in uso scatole di latta da 6 kg. Seguì la famiglia siciliana dei Florio che applicò la medesima tecnica, a partire dal 1876, nel loro rinomato stabilimento siciliano, ottenendone grande impulso commerciale, e aprendosi così al mercato internazionale e contribuendo alla diffusione di un nuovo prodotto che prenderà piede e si diffonderà in tutto il mondo: il tonno sott'olio in scatola.
Quindi vi è un filo importante fra Sicilia, Genova e Piemonte, consolidato dal fatto che in Piemonte operava (1857) il giovane Francesco Cirio che perfezionò l'invenzione delle scatole di latta e si mise a produrre pomodori in scatola, molto ricercati anche all'estero.
La prima ricetta in cui si parla di vitello ad uso tonno si trova nel libro di Giovanni Felice Luraschi, Il nuovo Cuoco Milanese economico, pubblicato a Milano nel 1829 (I° Ed.), nel 1839 (II Ed.) e nel 1853 (III Ed.). Le prime due edizioni sono alquanto rare e non ho potuto stabilire se la ricetta figuri o meno già in esse. Egli scrive nella III Edizione:
Prendete una fesa o noce di vitello, pulitela, battetela involta in un panno bianco, lasciatela in sale minuto per due giorni; fategli perdere il sale strofinandola nell’acqua fresca più volte. Fatela cuocere in poco brodo liscio con una foglia di lauro, cipolle, sederi e carote: cotto, levatelo dalla cottura, prontate dell’olio fino quasi bollente, unitevi il detto vitello lasciandolo un poco a mijouté  (stufare lentamente), indi tenetelo nel detto olio non meno di quattro giorni, quando ve ne dovrete servire levatelo dall’olio, mettetelo sopra d’un piatto versandovi sopra un poco d’olio ed una spremuta di limone mischiata insieme, guarnitelo con fiori della stagione o fatti ad arte, sarà meglio servirlo con una gremolata o salsa d’inchioda (Nota: A Milano era il nome dell'acciuga, dal francese anchois ).

La procedura per la preparazione del tonno, al fine di conservarlo sott'olio, è ben descritta dallo stesso Giuseppe Lancia, che  nel suo Manuale del Macellaio e Pizzicagnolo del 1892 espone la procedura per preparare carni di vitello e bue per la conservazione sott'olio, usando lo stesso procedimento usato per conservare il tonno: da ciò il nome vitello tonnato!  Sia chiaro che non lo ha inventato lui, che vuol solo esporre una procedura già in uso e consolidata. Egli scrive:
Per la confezione del bue o del vitello tonnato si procede nel modo seguente. Si prende un filetto di bue o di vitello, e dopo di averlo sbarazzato delle membrane grasso, ecc., lo si frega con sale pesto, indi lo si mette in un recipiente, cospargendolo di nuovo di sale, ove lo si lascia per 3 o 4 ore; in questo mentre si prepara una marinata composta di vino, aceto in parti uguali, a cui si aggiungono un po’ di olio d’oliva finissimo, una o due cipolle, uno o due spicchi d’aglio, una foglia di lauro, un mezzo citriuolo, due carote, un po’ di sedano, di timo, di salvia, di cannella intera e 2 o 3 chiodetti di garofani. Questo miscuglio si fa bollire per 2 o 3 minuti e poi dopo che siasi raffreddato, lo si versa sopra il filetto; questo viene lasciato in tale marinata per 3 o 4 dì, ed indi in questo liquido stesso lo si fa bollire. Se il filetto in questo modo preparato deve conservarsi, lo si porrà nelle scatole di latta e lo si condizionerà nel modo uguale che si procede per il tonno in scatole; cioè la carne non sarà completamente cotta e dopo il suo raffreddamento, da effettuarsi nel suo brodo, verrà tagliata a piccoli pezzi, i quali verranno per bene aggiustati e compressi nelle scatole. Riempita che sia la scatola, dopo di avervi versato dell’olio fino, si procede alla saldatura del suo coperchio, e poscia la si mette nel bagnomaria tenendovela un’ora, se la scatola è della capacità di 1 chilo, un’ora e mezza se di chili  1,5, e due ore per quelle da 3 a 5 chili; da 2,5  a 3 ore da chili 5 a 10. Per il rimanente si atterrà alle norme che indicheremo per la carne in conserva nelle scatole.
Il filetto tonnato che si volesse consumare subito, si taglia a fette e lo si pone senza scomporlo in un piatto guernito con cipollette tagliate fine, un po’ d’olio ed anche crescione.
È importante nella preparazione del bue o vitello tonnato di sapere regolare la sua salagione, perché se viene soverchiamente salato perde del suo pregio, e come pure lo perde se riesce insipido: così dicasi per aromatizzarlo. Si può pure aggiungervi acciughe salate e capperi con aceto.
Collo stesso metodo che abbiamo indicato per la preparazione del filetto, si può confezionare qualsiasi altro pezzo di carne, purché la si sbarazzi dalle membrane, dai tendini, dai nervi, ecc.
I pezzi di carne si taglieranno trasversalmente in forma quadrilunga da 6 a 10 centimetri e da 3 a 4 di spessore.
La marinata si può versarla bollente sulla carne: in questo caso devesi far bollire la marinata due volte al giorno e tenere, durante la sua bollitura, ben coperto il recipiente.
Si noti come il Lancia precisi che la carne così preparata può essere mangiata subito, senza inscatolarla, se la si taglia a fette e lo si pone senza scomporla in un piatto guernito con cipollette tagliate fine, un po’ d’olio ed anche crescione.
Quindi abbiamo accertato che il vitello tonnato era un bel pezzo di carne, di solito filetto, marinato per alcuni giorni e poi bollito nello stesso liquido di marinatura; talvolta ulteriormente stufato. Il tonno c'entra solo linguisticamente. Fino al 1880 circa si usava infatti scrivere correttamente vitello uso tonno.
Circa l'origine piemontese o lombarda della procedura di "tonnatura" della carne, pare giusto ritenere che essa sia nata in Piemonte, senz'altro più avanti della Lombardia nei procedimenti di inscatolazione dei cibi.
Resta da capire come dalla ricetta per marinare e bollire un filetto, si sia arrivati alla ricetta per fare una salsa di tonno da accompagnare a fette di carne bollite, brasate o arrostite.

Nel libro di Leyrer, La regina delle cuoche, cucina per sani ed ammalati, Milano 1885, l'autore, un medico milanese di origine austriaca, assistito da un cuoco parigino, si trova il primo esempio dell'evoluzione della ricetta. Vi si legge infatti
Vitello tonnato
Ingredienti: Fesa di vitello, vino bianco, sedano, carote, cipolla, chiodi dì garofani, sale, pepe, olio.
Battete fortemente una fesa di vitello, e mettetela in fusioneper dodici ore in due bicchieri di vino bianco con sedano, carote, cipolla steccata con chiodi di garofani, sale e pepe. Passate le dodici ore, involgetela in un pannolino, ricollocatela nelsuo fondo, aggiungetevi dell’olio e lasciatela cuocere lentamenteper due ore. Servitela con olio, limone e pochissimo zucchero inpolvere, cui unirete un'acciuga pesta e passata allo staccio.
Altra maniera. — Ponete a soffriggere un pezzo di burrocon una fetta di cipolla ed un cucchiaio di farina. Quando la cipolla avrà preso un bel color d’oro, gettatela via e collocate nelburro la fesa di vitello bene digrassata, disossata e battuta.Arrosolata che sia, versatevi sopra un bicchiere e mezzo divino bianco con due chiodi di garofano e due cucchiai d’oliofino. Lasciatela cuocere così per un'ora ed un quarto, poi, freddata, toglietela dal suo fondo, e, disposta sul piatto, irroratelacolla seguente salsa:  Pestate nel mortaio grammi 50 ditonno salato con un’acciuga, allungate l’impasto con due cucchiaiate del fondo lasciato dalla fesa, passato allo staccio, edunitevi dell’olio e del sugo di limone.
Quindi si vede come dalla ricetta del vitello bollito uso tonno, si è passati ad un vitello brasato, servito con una salsa fatta con il sugo del brasato a cui viene aggiunto poco tonno; si aggiunge poi una acciuga salata per aggiustare il sale.

Pochi anni dopo, nel febbraio 1887, il  mensile Il Consigliere delle famiglie, giornale della vita casalinga,  scrive
Vitello a tonno. Prendete un bel pezzo di vitello magro,senza osso, mettetelo al fuoco con olio fino,un po’ di burro, una o due acciughe pestate,a seconda della quantità del vitello, una foglia di lauro, un pizzico di finocchio, pepeo sale, il tutto assieme, aggiungete una piccolo quantità d'acqua, e quando avrà presoun bel colore, servitelo.
Quindi una specie di brasato in cui l'unica novità sono le due acciughe!

Nell'agosto 1890, lo stesso Corriere delle Famiglie, pag. 117, riporta una ricetta per il vitello tonnato, che è copiata pari pari dalla seconda ricetta ("Altra maniera") del  Leyrer pubblicata nel 1885.

Infine nel 1891 Artusi scrive:
Vitello tonnato. Prendete un chilogrammo di vitella di latte, nella coscia o nel culaccio, tutto unito e senza osso, levategli le pelletiche e il grasso, poi steccatelo con due acciughe. Queste lavatele, apritele in due, levate loro la spina e tagliatele per traverso facendone in tutto otto pezzi. Legate il pezzo della carne non tanto stretto e mettetela a bollire per un’ora e mezzo in tanta acqua che vi stia sommersa e nella quale avrete messo un quarto di cipolla steccata con due garofani, una foglia d’alloro, sedano, carota e prezzemolo. L’acqua salatela generosamente e aspettate che bolla per gettarvi la carne. Dopo cotta scioglietela, asciugatela e tenetela in infusione due o tre giorni in un vaso stretto, nella seguente salsa in quantità sufficiente da ricoprirla. Pestate grammi 100 di tonno sott’ olio e due acciughe; disfateli bene colla lama di un coltello o, meglio, passateli dallo staccio aggiungendo olio fine in abbondanza a poco per volta e 1’ agro di un limone od anche più, in modo che la salsa riesca liquida: per ultimo mescolateci un pugnello di capperi strizzati dall’aceto. Servite il tonno affettato sottilmente, senza scomporlo, con la salsa e con spicchi di limone. Il brodo colatelo e servitevene per un risotto.
Purtroppo arriva Artusi, che voleva imitare la specialità piemontese, forse senza conoscerla bene, ed ha toppato. La sua è una ricetta anomala con una  procedura sconclusionata. Artusi, in sostanza prende il pezzo di carne, steccata, senza alcuna ragionevolezza culinaria, con otto pezzetti di acciuga, e lo fa bollire e lo scola; poi, avendo esclusa la brasatura, cerca di rimediare mettendo il pezzo di carne intero entro un recipiente un po' alto e stretto e lo ricopre con una salsa liquida che fa con una scatoletta di tonno sott'olio, due acciughe, olio in abbondanza, il sugo di un limone e dei capperi sott'aceto. Dopo due o tre giorni estrae il tonno (dice proprio così: lapsus freudiano perché credeva di dover imitare il tonno in scatola), lo affetta e lo serve con la sua salsetta estremamente oleosa. Ma la carne deve essere ben saporita di per sé, e non intrisa di olio e limone! Se la salsa deve essere un po' liquida, come si immagina l'Artusi, si aggiunge un po' di brodo o di vino bianco. È probabile che Artusi non conoscesse l'origine della parola tonnato e credesse che fosse necessario rendere la carne simile al tonno sottolio, con tutto il suo olio attorno! Quandoquidem  bonus dormitat Homerus!
Questa è forse la prova migliore che la ricetta è nata in Piemonte e non a Milano, visto che Artusi non la conosceva bene. A Milano, tra l'altro, vi era l'uso di servire la carne calda, salvo che a Ferragosto, cosa con non quadra con la sua ricetta che "stagiona" la carne per tre giorni in un vaso!
Nello stesso periodo il popolo, che non voleva affatto far credere di cucinare alla francese, ma che voleva solo usare il proprio dialetto, introduce la dizione di vitel toné o tonné  (trovo la prima citazione nel Giornale della donna del 1920) che ovviamente in Francia non esiste! A riprova di ciò, in Piemonte  si diceva vitel tonà. Ciò comunque è servito ai soliti orecchianti della cultura per scrivere che la ricetta proveniva dalla Francia perché tonné derivava infatti dal francese “tanné”, che significava “conciato” (Rivista La cucina Italiana, sempre pronta recepire bufale di questo genere )!!Come può essere possibile che chi si mette a scrivere sul tonno, invece di leggersi le opere su tale prodotto, corra a sfogliare un vocabolario francese … in cui la parola vitel non ci può essere?

 Da queste poche ricette si ha comunque una idea precisa di ciò che si considerava buono. Il vitello tonnato era un bel pezzo di carne di vitello marinato con vino bianco e aromi e poi brasato usando il liquido di marinatura. Il sapore era già alquanto robusto, ma se proprio si voleva mangiare con un salsa, questa si faceva con il sugo del brasato, con aggiunta di due acciughe sotto sale. Per rafforzare il collegamento con il tonno-tonnato qualcuno ebbe l'idea di aggiungere alla salsa una scatoletta di tonno sott'olio e un

po' di capperi ben dissalati e ammollati.
Provate e vedrete che il piatto è del tutto dignitoso. Se poi, con i mezzi moderni, si frulla il sugo del brasato con un po' di brodo, si ottiene una abbondante emulsione, senz'altro piacevole.
Alla fine è chiaro che un buon piatto richiedeva una buona carne e una buona salsa, ed inizia quindi una evoluzione per migliorare il piatto. Si rinunzia al bollito e si usa solo il brasato oppure, per l'uso di servire carni ancora rosate, il rostbeef. La dose del tonno aumenta a 150-200 grammi per ogni chilo di carne. Si rende la salsa corposa inserendovi una o due uova sode; qualche sciagurato pensa bene di usare tuorli d'uovo freschi che non servono a dar corpo e creano problemi igienici in una salsa destinata ad essere consumata anche un giorno o due dopo la sua preparazione. E siccome non vi è limite al peggio, qualcuno crede di poter risolvere tutti i problemi aggiungendo un po' di tonno e capperi ad una maionese per nascondere sotto di essa una sottile fettina di carne qualsiasi!
La salsa doveva avere la giusta consistenza cremosa, senza essere né troppo liquida né troppo solida; non doveva essere oleosa e perciò niente maionese e poco olio d'oliva. Per darle il necessario corpo si capì che si potevano utilizzare uova sode; qualcuno indicò di usare solo il rosso sodo, ma non vi è ragione al mondo di non usare anche il bianco. Quattro o cinque di acciughe dissalate (mai quelle sott'olio) completavano il sapore del tonno in modo che non fosse prevalente.
I capperi sono un componente essenziale; però è errato il frullarli tutti assieme alla salsa perché poi essa saprebbe solo di cappero; un cucchiaino di capperi si può frullare, i restanti è bene spargersi sopra la salsa, sul piatto di servizio. Ovviamente si devono usare capperi sotto sale e non quelli sottaceto, perché il sapore d'aceto non c'entra. Per dare alla salsa un sapore leggermene acidulo si usa aggiunge un po' di sugo di limone, al massimo uno per un chilo di carne, perché non deve prevalere.
In alcune ricette del passato si trova la bislacca invenzione di far cuocere il tonno assieme alla carne; i soliti orecchianti i quali credevano che la parla "tonnare" significasse dare il sapore di tonno alla carne, brasavano il tonno assieme alla carne e così rovinavano la carne e tutto il buon sapore del tonno.
Attualmente i cuochi che cercano di inventarsi qualche cosa di nuovo, servono la fetta di carne arrostita e ancor molto rosa, come un involtino, con dentro un cucchiaino di salsa. Uso che dimostra la presunzione di certi cuochi che vogliono imporre ai clienti i propri gusti: è il cliente che deve poter decidere quanta salsa vuole accompagnare alla carne e non sarebbe male se, assieme alla carne coperta da un leggero strato di salsa qualche ora prima del pasto, si portasse in tavola una salsiera per chi la gradisce in quantità superiore. Nei ristoranti dove si mangia in modo sensato non dovrebbero esistere le portate minuscole e deturpate da elementi decorativi, ma il cliente dovrebbe poter richiedere di essere servito una seconda volta di ciò che gli è piaciuto.

Vediamo un po' di ricette
- Cetta Berardo. Sapori e colori Piemonte, Alla Tavola di Giovanni Arpino,2007
Una ricetta sconclusionata in cui la carne viene macerata per oltre due giorni in acqua e aceto e poi rosolata. NON C'È TONNO; la marinata in aceto si fa per salvare la carne che inizia a putrefarsi! In una marinata per carne fresca si usa vino bianco e poca acqua. Il brasato lo fa cuocendo la carne assieme ai capperi, alle acciughe sciolte nel burro, a un uovo sodo tritato. E così la salsa è fatta!
 
- Annalisa Barbagli, La cucina di casa del Gambero Rosso. 2002, Le 1000 ricette Con 500 grammi di carne, steccato con acciughe, fa un bollito con due  bicchieri di acqua, un bicchiere di vino e mezzo limone e la sua scorza; poi mette la carne in un recipiente e la copre bene con il liquido di cottura (difficile che non sia evaporato) e la lascia riposare pr un giorno. Poi butta via il liquid ei fa la salsa con un bel po' di maionese e tonno.Mom usa i capperi. Una ricetta del tutto improponibile.

- Carlo Cracco, Piemonte, 2014. Propone una ricetta strana perché brasa 500 g. di carne e la mette da parte. Poi rosola altri 500 g. di ritagli di carne con 150 g. di burro, 100 di tonno e 10 g. di acciughe; quando al carne è cotta ci aggiunge altri 200 g, di tonno e due tuorli sodi e frulla il tutto. Che per mangiare poche fettine di carne, ci si metta sopra una salsa fatta con mezzo chilo di carne e tre etti di tonno, è pura stravaganza e dimostra quanto siano temibili gli chef  moderni.

Accademia Italiana della Cucina, La tradizione  a tavola, 2015
Ingredienti per 4 persone
500 g di rotondino di coscia di vitello (girello)
50 g di burro
5 acciughe sotto sale
1 cucchiaio di farina bianca 2 tuorli di uovo sodi
5-6 capperi sotto sale
80 g tonno sott’olio
Per la marinatura:
aceto (per coprire)
1 cipolla, 2 foglie di alloro 3 chiodi di garofano
1 pezzetto di cannella 4-5 grani di pepe nero
Marinare per una notte la carne coprendola con acqua e aceto, alloro, sale, pepe, cipolla, chiodi di garofano e cannella. Il giorno dopo rosolare a fuoco vivace con il burro la carne, scolata ed asciugata; abbassare la fiamma, aggiungere la farina, irrorare con la marinata e cuocere per circa trenta minuti (oggi si usa lasciare la carne leggermente rosata). Togliere la carne, e preparare una salsa (anche usando il mixer) con il sugo di cottura passato, il tonno, i due tuorli d’uovo assodati leggermente, i capperi dissalati e i filetti di acciuga. Lasciare raffreddare la carne, tagliarla a fette e ricoprirla con la salsa.

Sono criticabili le seguenti cose:
- Non dice le proporzioni fra acqua e aceto, cosa non certo trascurabile; è moto dubbio se sia meglio usare l'aceto o il vino bianco.
- Usa solo i tuorli quasi crudi, con i connessi problemi igienici e aumento della liquidità, che deve poi controllare con l'aggiunta di farina; tanto vale usare uova sode intere e non usare la farina (l'ho ritrovata solo in questa ricetta, su di una trentina che ho letto e non mi convince).
- Usa solo 5 o 6 capperi (praticamente un cappero a testa!), cosa assurda; ne occorrono  15-20.
- Usa solo 80 grammi di tonno; giusto non esagerare, ma secondo la maggior parte degli autori, se ne dovrebbero usare 100-150 grammi.

18.6.2022


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